Quando si dice che certe cose succedono per caso… René1 è un libro, l’unico che ho scritto e pubblicato in vita mia. Si tratta di un romanzo di fantascienza, apparentemente fuori luogo in un sito come questo, che racconta la storia di un prete marziano, un emigrato dalla Terra, che ha un suo respot, un impianto neurale che gli permette di comunicare con un’intelligenza artificiale che, un po’ come internet ai giorni nostri, è onnipresente. C’è una guerra di secessione in corso, tra terrestri e marziani, con questi ultimi che vogliono l’indipendenza. Il resto, se volete, ve lo andate a leggere…

Come nasce René? Tutta colpa delle strisce pedonali! Praticamente, ero in giro con lo scooter e mi viene in mente questa insana voglia di cedere il passo ad alcuni pedoni incrociati per strada. Vuoi che pioveva, ma i freni mi fanno un brutto scherzo. Giusto un dito sulla leva: è stato sufficiente a bloccare la ruota anteriore rigorosamente senza ABS, e la caduta è stata inevitabile. Ci ho rimesso la cresta omerale (credo si chiami così) un’insignificante, minuscola scheggia del braccio destro che, tuttavia, quando si rompe, fa un male boia.
In quel periodo, utilizzavo uno dei primi Kindle di Amazon per leggere, semplicemente perché è più leggero da portarsi in giro rispetto a quei mattoni che leggo di solito.
Siccome la letteratura ufficiale costava ancora troppo, spesso andavo a pescarmi bozze di romanzi, create da scrittori in erba, giusto per avere qualcosa di diverso da fare e, soprattutto, perché erano gratis. Di quelle bozze, restituivo delle recensioni, apprezzate soprattutto quando erano positive, un po’ meno quando erano negative…
Quando sono rimasto col braccio destro immobile per sei mesi, mi è venuta questa strana idea di mettermi a scrivere: sono destrimano e con la sinistra, a stento riesco a battere sulla tastiera. Quindi René è un libro scritto ad una sola mano, alla faccia di quelli scritti a quattro…
Lo rileggo una prima, una seconda, un’ennesima. Visto che ormai era lì, decisi di provare a farmi pubblicare. Spammo il manoscritto a diverse case editrici, in realtà un file in formato Word con annessa biografia, quarta di copertina, ecc. Nell’arco di due settimane, riesco a trovare chi mi pubblica, cosa che non avrei mai creduto.
E poi? E poi scopro un intero mondo del tutto identico a quello dei videogiochi indie, con una decina di anni d’anticipo. Una marea di scrittori che vengono pubblicati, ma che di fatto non vengono aiutati ad emergere. Una serie di catene di Sant’Antonio fatte di scrittori che acquistano da altri scrittori, che non sono letti da nessuno se non da amici e parenti. Tutto quello che ho ritrovato con la pubblicazione dei giochi, ante litteram…
Il libro è ancora lì, più per fare curriculum che per il resto. Ne conservo una copia cartacea in casa, un cimelio di famiglia. Fa parte delle prime venti copie, ed era quella più in alto nel pacco che arrivò a casa, ma è identica a tutte le altre. Poi non ho più scritto, perché sono ritornato in forma ed ho scoperto che, quando ho entrambe le braccia, preferisco fare altro, tipo scrivere videogiochi…
Le brutali lezioni di René
Quando parlo con i ragazzi in chat, specialmente su Discord, di solito riesco a farmi riconoscere come un menagramo, una sorta di uccellaccio del malaugurio con tanto di laurea honoris causa. In verità, contrariamente a quello che si pensa e molto più semplicemente, ci sono già passato nel periodo compreso tra il 2014 ed il 2015.
L’editoria è un mondo incredibilmente parallelo a quello dei videogiochi indie sotto molti aspetti. Si può dire, senza esagerare ed almeno sotto la lente della praticità commerciale, che siano due rotaie della stessa ferrovia. Persiste un gioviale, quanto ingenuo, senso di ottimismo generalizzato. Ovviamente, per farcela basta desiderarlo, no? Anche qui, quindi, se vuoi puoi! E non ci sono cazzi che reggono… Sulla carta e non con la carta, però! Perché, la verità, è che la fuori c’è tanta gente che vuole diventare scrittrice di romanzi, ivi compresi quelli che i congiuntivi non li hanno mai incrociati in vita loro: la pretenziosità non manca mai… Ma ci sono anche ragazzi che, le storie, sanno raccontarle sul serio: davanti a loro, mi sono sentito piccolo a mia volta. Eppure: sono scomparsi da ogni radar.
Quello che ho visto succedere con Pinbot e che ho raccontato, con brutale sincerità, nel mio editoriale “Pubblicare un gioco” in questo stesso sito web, succedeva nel 2014 in editoria. Eravamo in tanti ad essere pubblicati, per alimentare quest’altro mercato, in sostanza diversamente ludico. Solo che io ero già passato attraverso un’altra esperienza del genere, quella della programmazione professionale da lavoratore dipendente, di cui portavo ancora i segni delle frustate sulla schiena. Se stai a sentire questa gente, sono loro che ti danno un sacco di opportunità, per cui tu dovresti solo genufletterti, esattamente come davanti all’altare di una chiesa, al cospetto di un dio che non si fa mai vedere quando ce n’è bisogno.
Inizialmente mi buttai nella mischia. Facendo gruppo con altri scrittori in erba, portavamo avanti una serie di iniziative per pubblicizzare i nostri lavori, come rubriche e recensioni su Facebook, che neanche più seguo dopo che Zuckerberg ha iniziato a dare di matto. Nel frattempo osservavo e mi rendevo conto che, a leggerci, eravamo solo noi… A nessuno fregava nulla dei nostri scritti, tranne a noi che ce li giravamo attraverso i social e ci riempivamo, l’un l’altro, di complimenti. Poi qualcuno riusciva ad emergere, ma veniva puntualmente fuori un barbatrucco di qualche genere, tipo l’agente di turno che non lavorava certamente gratis. Così, quando venni contattato con una scusa che neanche ricordo dalla casa editrice, quando provarono ad esortarmi a lavorare più alacremente nel pubblicizzare l’opera, semplicemente risposi: “Si, ma… a voi, che vi tengo a fare?”
Non ho più sentito niente e nessuno.