Il prezzo conta poco…

Quando vi sarete rassegnati all’idea che non potrete fare abbastanza sul fronte linguistico, probabilmente vi renderete conto che vi serve un prezzo: dovrete dare un valore di mercato al vostro gioco. Sicuramente, dare un’occhiata a giochi simili nella vasta raccolta disponibile negli store online, potrà essere di grande aiuto, ma alla fine dei conti, scoprirete che anche quello del prezzo non è un argomento facile.

La maggior parte degli sviluppatori indie, ritiene di dover approcciare il problema, molto semplicemente, deprezzandosi fino all’elemosina. La motivazione alla base di questa filosofia, sta nel fatto che, proprio la presenza di grandi titoli, i giochi AAA, non lascia altra alternativa se non quella di proporsi a prezzi stracciati. Alcuni sostengono che questo sia il modo migliore per farsi conoscere, qualunque cosa voglia significare. All’atto pratico, assegnare al proprio gioco un prezzo basso, nell’ordine dei $5 o anche meno, permette di fare leva sull’acquisto impulsivo che, in tutta sincerità, trovo personalmente poco dignitoso: si sta, praticamente, svalorizzando se stessi.

E’ utile, a questo scopo, andare a fare due chiacchiere con il mondo della psicologia, per vedere cosa ne pensano gli esperti di settore. Sbuca una ricerca dell’Università di Bonn che, all’epoca della sua pubblicazione, fece un certo scalpore. Tratta di vini. Si è cercato di capire il legame tra la mera percezione del senso di qualità e la sua percezione del tutto analitica. Sostanzialmente, ad alcuni volontari è stato fatto assaggiare del vino con prezzi variabili, talvolta molto bassi, a livello di supermercato e altre volte da capogiro, come i canonici €100 a bottiglia. E’ venuto fuori che il vino più costoso, in quando di qualità superiore, è il più buono per la maggior parte dei novelli sommelier. Piccolo particolare: il vino era sempre lo stesso, mentre a cambiare erano le etichette.

In altre parole, è chiaro che il prezzo che assegnate al vostro gioco, un po’ lo giudica: se gli assegnate un prezzo troppo basso, state gridando al mondo che si tratta di un gioco che non vale neanche la pena di provare. Credendo di attirare più gente, quindi, si finisce per respingerla.

E allora proviamo ad applicare una strategia inversa: cerchiamo di assegnare, al nostro gioco, un prezzo che sia il più alto possibile… Ovviamente non si può esagerare, perché se pretendete prezzi uguali o superiori ai titoli AAA, vi scartano uguale. Stavo pensando, piuttosto, a qualcosa di equilibrato, di giustificabile; non tanto andando a guardare i prezzi da accattonaggio usati dalle masse, ma la giusta via di mezzo tra i AAA e giochi simili al nostro, per tipologia in senso più ampio e livello di rifinitura. Andremo a valutare cose come il numero di dimensioni coinvolte (2D o 3D?), la categoria del gioco (simulazione, action, rougue-like, ecc.) e, alla fine tireremo fuori un prezzo. Immaginiamo di aver stabilito che $15 a copia, per il nostro gioco, sono un buon valore di mercato. Qualcuno potrà storcere il naso, ma è il controvalore di una pizza con bevanda, mica una cifra da farci un mutuo, alla fine! Per evitare che il prezzo possa costituire un ostacolo, metteremo a disposizione una demo del gioco liberamente scaricabile, in modo da farne saggiare la bontà a costo zero. Cosa succederebbe, in questo caso?

La cosa assurda che emerge dai dati di Steam e di altri store, quando disponibili, è che quello del mondo dei videogiochi, almeno dal punto di vista economico, è un ambiente del tutto surreale e metafisico non tanto dissimile dalla Terra di Mezzo di Tolkien. Siete predestinati! E’ come se, prima ancora di pubblicare il gioco, fosse già stata stabilita la cifra che andreste a guadagnare in futuro. Diciamo $150? Li farete vendendo 10 copie a $15 oppure 75 copie a $2. E’ assurdo, lo so, ma può essere spiegato almeno in parte. Fondamentalmente, se c’è qualcuno che apprezza davvero il vostro gioco, lo acquisterà tranquillamente a $15 come ad $2: non si farà troppi problemi, considerando anche che, come detto prima, la cifra non è inarrivabile o del tutto assurda. Gli altri lo acquisteranno d’impulso solo se costa meno di niente e proprio perché costa poco… Non si tratta di una formula matematica e non può essere applicata rigorosamente, ma se ci ragionate un attimo, capirete che ha il suo fondo di verità.

Nel mondo dei giochi, c’è un concetto chiamato fattore di conversione della lista dei desideri. Le liste dei desideri sono essenzialmente un elenco di potenziali acquirenti, ovvero giocatori che hanno mostrato interesse per un particolare gioco. Cliccare su un pulsante per aggiungere un gioco alla tua lista dei desideri è fin troppo facile e non indica, necessariamente, l’intenzione di acquistarlo per davvero. Il fattore di conversione mira a prevedere quanti di coloro che hanno aggiunto il gioco alla loro lista dei desideri lo acquisteranno effettivamente. È interessante notare che, mentre i prezzi più bassi tendono ad aumentare le aggiunte alla lista dei desideri, i prezzi più alti possono comunque portare a profitti maggiori nonostante le vendite inferiori, come detto prima.

C’è anche un altro fenomeno da considerare: generalmente parlando, il giocatore medio si aspetta che, in ogni caso, il costo del gioco vada a scemare nel tempo. E’ un viziaccio che hanno preso stando dietro ad offerte speciali, saldi di fine anno nonché al deprezzamento per vetusità e che difficilmente perderanno in futuro. Ecco che, uno dei motivi per rimandare l’acquisto, potrebbe essere quello di natura squisitamente tattica: attendere il deprezzamento del gioco. Sanno che succederà, perché più o meno tutti i titoli, nell’arco di poco tempo, arrivano a costare anche il 50% in meno, se non peggio.

Il prezzo, quindi, sembra importare poco: qualunque cifra fissi, il tuo gioco è come predestinato a guadagnare una somma ben precisa, che si può fare con poche copie vendute a prezzi importanti, o con molte copie e relative donazioni forzate. In altre parole, l’unica verità è che le previsioni sono difficili da fare, se non del tutto impossibili e che l’intero processo somiglia ad una lotteria di paese.

Sembra che l’unica carta da giocare per aumentare gli introiti sia quella del marketing, di cui parleremo altrove.

Il prezzo conta poco…

Quando vi sarete rassegnati all’idea che non potrete fare abbastanza sul fronte linguistico, probabilmente vi renderete conto che vi serve un prezzo: dovrete dare un valore di mercato al vostro gioco. Sicuramente, dare un’occhiata a giochi simili nella vasta raccolta disponibile negli store online, potrà essere di grande aiuto, ma alla fine dei conti, scoprirete che anche quello del prezzo non è un argomento facile.

La maggior parte degli sviluppatori indie, ritiene di dover approcciare il problema, molto semplicemente, deprezzandosi fino all’elemosina. La motivazione alla base di questa filosofia, sta nel fatto che, proprio la presenza di grandi titoli, i giochi AAA, non lascia altra alternativa se non quella di proporsi a prezzi stracciati. Alcuni sostengono che questo sia il modo migliore per farsi conoscere, qualunque cosa voglia significare. All’atto pratico, assegnare al proprio gioco un prezzo basso, nell’ordine dei $5 o anche meno, permette di fare leva sull’acquisto impulsivo che, in tutta sincerità, trovo personalmente poco dignitoso: si sta, praticamente, svalorizzando se stessi.

E’ utile, a questo scopo, andare a fare due chiacchiere con il mondo della psicologia, per vedere cosa ne pensano gli esperti di settore. Sbuca una ricerca dell’Università di Bonn che, all’epoca della sua pubblicazione, fece un certo scalpore. Tratta di vini. Si è cercato di capire il legame tra la mera percezione del senso di qualità e la sua percezione del tutto analitica. Sostanzialmente, ad alcuni volontari è stato fatto assaggiare del vino con prezzi variabili, talvolta molto bassi, a livello di supermercato e altre volte da capogiro, come i canonici €100 a bottiglia. E’ venuto fuori che il vino più costoso, in quando di qualità superiore, è il più buono per la maggior parte dei novelli sommelier. Piccolo particolare: il vino era sempre lo stesso, mentre a cambiare erano le etichette.

In altre parole, è chiaro che il prezzo che assegnate al vostro gioco, un po’ lo giudica: se gli assegnate un prezzo troppo basso, state gridando al mondo che si tratta di un gioco che non vale neanche la pena di provare. Credendo di attirare più gente, quindi, si finisce per respingerla.

E allora proviamo ad applicare una strategia inversa: cerchiamo di assegnare, al nostro gioco, un prezzo che sia il più alto possibile… Ovviamente non si può esagerare, perché se pretendete prezzi uguali o superiori ai titoli AAA, vi scartano uguale. Stavo pensando, piuttosto, a qualcosa di equilibrato, di giustificabile; non tanto andando a guardare i prezzi da accattonaggio usati dalle masse, ma la giusta via di mezzo tra i AAA e giochi simili al nostro, per tipologia in senso più ampio e livello di rifinitura. Andremo a valutare cose come il numero di dimensioni coinvolte (2D o 3D?), la categoria del gioco (simulazione, action, rougue-like, ecc.) e, alla fine tireremo fuori un prezzo. Immaginiamo di aver stabilito che $15 a copia, per il nostro gioco, sono un buon valore di mercato. Qualcuno potrà storcere il naso, ma è il controvalore di una pizza con bevanda, mica una cifra da farci un mutuo, alla fine! Per evitare che il prezzo possa costituire un ostacolo, metteremo a disposizione una demo del gioco liberamente scaricabile, in modo da farne saggiare la bontà a costo zero. Cosa succederebbe, in questo caso?

La cosa assurda che emerge dai dati di Steam e di altri store, quando disponibili, è che quello del mondo dei videogiochi, almeno dal punto di vista economico, è un ambiente del tutto surreale e metafisico non tanto dissimile dalla Terra di Mezzo di Tolkien. Siete predestinati! E’ come se, prima ancora di pubblicare il gioco, fosse già stata stabilita la cifra che andreste a guadagnare in futuro. Diciamo $150? Li farete vendendo 10 copie a $15 oppure 75 copie a $2. E’ assurdo, lo so, ma può essere spiegato almeno in parte. Fondamentalmente, se c’è qualcuno che apprezza davvero il vostro gioco, lo acquisterà tranquillamente a $15 come ad $2: non si farà troppi problemi, considerando anche che, come detto prima, la cifra non è inarrivabile o del tutto assurda. Gli altri lo acquisteranno d’impulso solo se costa meno di niente e proprio perché costa poco… Non si tratta di una formula matematica e non può essere applicata rigorosamente, ma se ci ragionate un attimo, capirete che ha il suo fondo di verità.

Nel mondo dei giochi, c’è un concetto chiamato fattore di conversione della lista dei desideri. Le liste dei desideri sono essenzialmente un elenco di potenziali acquirenti, ovvero giocatori che hanno mostrato interesse per un particolare gioco. Cliccare su un pulsante per aggiungere un gioco alla tua lista dei desideri è fin troppo facile e non indica, necessariamente, l’intenzione di acquistarlo per davvero. Il fattore di conversione mira a prevedere quanti di coloro che hanno aggiunto il gioco alla loro lista dei desideri lo acquisteranno effettivamente. È interessante notare che, mentre i prezzi più bassi tendono ad aumentare le aggiunte alla lista dei desideri, i prezzi più alti possono comunque portare a profitti maggiori nonostante le vendite inferiori, come detto prima.

C’è anche un altro fenomeno da considerare: generalmente parlando, il giocatore medio si aspetta che, in ogni caso, il costo del gioco vada a scemare nel tempo. E’ un viziaccio che hanno preso stando dietro ad offerte speciali, saldi di fine anno nonché al deprezzamento per vetusità e che difficilmente perderanno in futuro. Ecco che, uno dei motivi per rimandare l’acquisto, potrebbe essere quello di natura squisitamente tattica: attendere il deprezzamento del gioco. Sanno che succederà, perché più o meno tutti i titoli, nell’arco di poco tempo, arrivano a costare anche il 50% in meno, se non peggio.

Il prezzo, quindi, sembra importare poco: qualunque cifra fissi, il tuo gioco è come predestinato a guadagnare una somma ben precisa, che si può fare con poche copie vendute a prezzi importanti, o con molte copie e relative donazioni forzate. In altre parole, l’unica verità è che le previsioni sono difficili da fare, se non del tutto impossibili e che l’intero processo somiglia ad una lotteria di paese.

Sembra che l’unica carta da giocare per aumentare gli introiti sia quella del marketing, di cui parleremo altrove.

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